Vincent Van Gogh: “afflitto, ma sempre lieto”

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Vincent Van Gogh: “afflitto, ma sempre lieto”

Redazione

In questo nuovo articolo Sandro Farinelli permette di confrontarci con i sentimenti e i pensieri di un’icona dell’ottocento: Vincent Van Gogh. Con un’intuizione felicissima decide di darci l’opportunità di farlo direttamente attraverso le sue stesse parole scegliendo sapientemente una lettera indirizzata al caro fratello Theodorus. E’ dall’animo di Vincent che scaturiscono quelle opere capaci di parlare direttamente alla nostra interiorità.

Parlare di Vincent è sempre facile.

Talmente facile che oggi se ne parla troppo e talvolta a sproposito.

Mostre dedicate a Van Gogh spuntano come funghi, ma poche hanno il coraggio di ammettere prima che cosa viene esposto. Alcune hanno anche l’ardire di non permettere a guide, storici dell’arte e divulgatori esterni di spiegare in mostra. Questo perché, alla luce dei fatti, il nostro balordo secolo ha voluto trasformare il rosso olandese in un fenomeno di marketing. Riuscendoci.

Ma perché la gente è così attratta da Vincent? Cosa c’è di così vivo in lui e nella sua arte da attrarre un pubblico decisamente vasto?

Persino molti millennials lo hanno sentito per lo meno nominare. Qualcuno si procura persino stampe dei suoi quadri, magari sul cuscino da letto.

Insomma Vincent vende e vende bene: un contrappasso dantesco in piena regola, visto che in vita non è stato capace di vendere un soldo bucato.

Anzi. Come è ben noto la sua vita è stata caratterizzata dalla cronica mancanza di denaro, che non gli ha permesso di guadagnarsi una vera e propria posizione sociale.

Ma procediamo per gradi: perché si sa così tanto, fin nei minimi particolari, della sua esistenza?

Johanna Van Gogh Bonger
1862 – 1925

Non tutti sanno che questa impagabile conoscenza è dovuta ad una donna, l’affascinante insegnante d’inglese Johanna Bonger, moglie del fratello di Vincent, tale Theodorus Van Gogh meglio noto come Theo.

E’ lei che si è preoccupata di riordinare e dare alle stampe il cospicuo carteggio tra Theo e Vincent.

Ed è questo carteggio che rappresenta la porta all’animo di Vincent.

Un vero e proprio romanzo, realmente accaduto e tutt’ora in corso: basta iniziare la lettura di una qualunque lettera per entrare di schianto nel mondo di Vincent. Quello sociale, materiale ed esteriore, e soprattutto quello interiore: ogni rigo evidenzia con quanta potenza il gigantesco lago dell’anima di Vincent trasformi e guidi ogni sua percezione della realtà.

Questo il significato delle pennellate curve che accompagnano l’autoritratto del 1889, ad un solo anno dalla morte: un’esplosione di energia lenta ed avvolgente, in continua espansione dal corpo verso l’esterno, come la bruma sui campi al primo mattino, quel respiro della terra che Marsilio Ficino amava definire “l’Anima del Mondo”.

Un traboccare di sincerità, che ci fa continuamente innamorare di Vincent: onesto ben oltre la povertà, incapace di mentire anche a sé stesso, naturalmente dalla parte degli ultimi al punto da diventare uno di loro, incastrato nell’incomprensione della sua missione in quella incarnazione, sempre a desiderare la pace del cielo stellato nonostante la trappola della materialità.

Nato il 30 marzo del 1853, viene al mondo con un’eredità pesantissima: il 30 marzo del 1852 sua madre, Anna Cornelia Carbentus, aveva dato alla luce un feto morto battezzato Vincent Willem. Così, nel vedere il nuovo nato e futuro pittore, i genitori credettero ad una seconda possibilità data loro dal destino. Battezzarono dunque anche il nuovo nato come Vincent Willem, ufficialmente il loro primogenito su un totale di sei: Anna Cornelia (1855-1930), Theodorus (1º maggio 1857-25 gennaio 1891), Elisabeth (1859-1936), Wilhelmina Jacoba (1862-1941), Cornelis (1867-1900).

Stesso destino alla nascita toccherà anche a Salvador Dalì: anch’egli fu convinto dai genitori d’esser la reincarnazione del suo omonimo fratello Salvador, morto nove mesi prima di meningite.

I pesi sulle spalle di Vincent non si limitarono al quadro della nascita. Il padre era stipendiato dalla chiesa protestante come pastore nel paese di Groot-Zundert, mentre la madre veniva da una famiglia borghese benestante.

In quanto pastore, il padre di Vincent, tale Theodorus van Gogh senior (+1885), aveva diritto ad una bella casa con tanto di proprietà, fattore, domestici, carro e cavallo: più che abbastanza per dare un’immagine di agiatezza economica. Ciliegina sulla torta: la madre, facilmente definibile bigotta, teneva molto a che i figli stessero attenti a dimostrare la loro posizione sociale.

La difficoltà principale risiedeva nel fatto che detta posizione era soltanto “in prestito”, una concessione ecclesiastica legata ad esigenze di servizio quindi naturalmente precaria. Detta in parole povere: Theodorus senior non aveva sudato un centesimo di quel patrimonio. Ciò si rivelerà innesco per una serie di difficoltà economiche intermittenti che obbligheranno i genitori di Vincent a vari trasferimenti, sulla scia dei servizi affidati al padre.

Un contesto che condizionò tutta l’infanzia e l’adolescenza di Vincent che fu naturalmente forzato a seguire le orme paterne, ricercando la tanto sospirata e mai ottenuta ammissione alla facoltà di teologia. Vincent scoprì presto di non essere adatto al curriculum di studi tradizionale: la performance fu così bassa da far intervenire il fratello di Theodorus senior, anch’egli nominato Vincent meglio noto come “Zio Cent”, che fece entrare il nostro presso Goupil & C., famoso mercante d’arte con filiali in mezza Europa. Era il 1873 e Vincent fu impiegato prima presso la sede dell’Aia, quindi Bruxelles ed infine Londra.

Durò appena tre anni. Quindi i suoi superiori furono costretti a licenziarlo perché, a causa del suo innato senso di giustizia, voleva far risparmiare i clienti: pessimo atteggiamento per uno cui è richiesto da contratto di far aumentare il giro d’affari.

Da quel momento in poi la vita di Vincent è stata tutta una faticosa salita.

Aveva vent’anni e, in mancanza di altri esempi, già malvisto dalla famiglia, si mise ad inseguire le orme paterne, cercando l’ammissione mai raggiunta presso la facoltà di Teologia di Amsterdam.

Ciò nonostante sviluppò dagli studi una religiosità esagerata, inventandosi mistico sul modello di san Francesco. Con questo spirito prese servizio nella Borinage, disgraziato distretto minerario belga soprannominato black country cioè regione nera. Qui divenne uno degli ultimi: viveva in una baracca da minatore, dividendo giornata, cibo e indumenti con i minatori, al punto che i superiori lo sollevarono dall’incarico perché secondo loro offendeva il sacerdozio. Esattamente come per san Francesco d’Assisi.

Se non altro questo scontro con la mentalità ecclesiastica storicamente dominante, portò Vincent alla convinzione intima di poter dare speranza alle masse afflitte con la sua arte. Tra il 1878 e il 1880 la sua inclinazione alla produzione di arte figurativa si fa sempre più forte, grazie anche a Theo che vuol spingerlo il più possibile lontano dagli eccessi del misticismo. Meglio lasciare la parola alla splendida penna di Vincent. Di seguito la lunghissima lettera scritta a Theo tra il 22 e il 24 Giugno 18801. Vincent si trova a Cuesmes.

Testo originale

My dear Theo,
 It’s with some reluctance that I write to you, not having done so for so long, and that for many a reason. Up to a certain point you’ve become a stranger to me, and I too am one to you, perhaps more than you think; perhaps it would be better for us not to go on this way.
 It’s possible that I wouldn’t even have written to you now if it weren’t that I’m under the obligation, the necessity, of writing to you. If, I say, you yourself hadn’t imposed that necessity. I learned at Etten that you had sent fifty francs for me; well, I accepted them. Certainly reluctantly, certainly with a rather melancholy feeling, but I’m in some sort of impasse or mess; what else can one do?
 And so it’s to thank you for it that I’m writing to you.
 As you may perhaps know, I’m back in the Borinage; my father spoke to me of staying in the vicinity of Etten instead; I said no, and I believe I acted thus for the best. Without wishing to, I’ve more or less become some sort of impossible and suspect character in the family, in any event, somebody who isn’t trusted, so how, then, could I be useful to anybody in any way? […]
 I must now bore you with certain abstract things; however, I’d like you to listen to them patiently.
 I, for one, am a man of passions, capable of and liable to do rather foolish things for which I sometimes feel rather sorry. I do often find myself speaking or acting somewhat too quickly when it would be better to wait more patiently. […].
Now that being so, what’s to be done, must one consider oneself a dangerous man, incapable of anything at all? I don’t think so. But it’s a matter of trying by every means to turn even these passions to good account. For example, to name one passion among others, I have a more or less irresistible passion for books, and I have a need continually to educate myself, to study, if you like, precisely as I need to eat my bread. You’ll be able to understand that yourself. When I was in different surroundings, in surroundings of paintings and works of art, you well know that I then took a violent passion for those surroundings that went as far as enthusiasm. And I don’t repent it, and now, far from the country again, I often feel homesick for the country of paintings. […]

 So instead of succumbing to homesickness, I said to myself, one’s country or native land is everywhere. So instead of giving way to despair, I took the way of active melancholy as long as I had strength for activity […]

 You well know that I’ve frequently neglected my appearance, I admit it, and I admit that it’s shocking. But look, money troubles and poverty have something to do with it, and then a profound discouragement also has something to do with it,[…]. 
 And now for as much as 5 years, perhaps, I don’t know exactly, I’ve been more or less without a position, wandering hither and thither. Now you say, from such and such a time you’ve been going downhill, you’ve faded away, you’ve done nothing. Is that entirely true?
 It’s true that sometimes I’ve earned my crust of bread, sometimes some friend has given me it as a favour; I’ve lived as best I could, better or worse, as things went; it’s true that I’ve lost several people’s trust, it’s true that my financial affairs are in a sorry state, it’s true that the future’s not a little dark, it’s true that I could have done better, it’s true that just in terms of earning my living I’ve lost time, it’s true that my studies themselves are in a rather sorry and disheartening state, and that I lack more, infinitely more than I have. But is that called going downhill, and is that called doing nothing?
 Perhaps you’ll say, but why didn’t you continue as people would have wished you to continue, along the university road?
 To that I’d say only this, it costs too much and then, that future was no better than the present one, on the road that I’m on.
 But on the road that I’m on I must continue; if I do nothing, if I don’t study, if I don’t keep on trying, then I’m lost, then woe betide me. That’s how I see this, to keep on, keep on, that’s what’s needed.
 But what’s your ultimate goal, you’ll say. That goal will become clearer, will take shape slowly and surely, as the croquis becomes a sketch and the sketch a painting, as one works more seriously, as one digs deeper into the originally vague idea, the first fugitive, passing thought, unless it becomes firm. […].






 Now one of the reasons why I’m now without a position, why I’ve been without a position for years, it’s quite simply because I have different ideas from these gentlemen who give positions to individuals who think like them.
 It’s not a simple matter of appearance, as people have hypocritically held it against me, it’s something more serious than that, I assure you.
 Why am I telling you all this? —[…]
 
So you mustn’t think that I’m rejecting this or that; in my unbelief I’m a believer, in a way, and though having changed I am the same, and my torment is none other than this, what could I be good for, couldn’t I serve and be useful in some way, how could I come to know more thoroughly, and go more deeply into this subject or that? Do you see, it continually torments me, and then you feel a prisoner in penury, excluded from participating in this work or that, and such and such necessary things are beyond your reach. Because of that, you’re not without melancholy, and you feel emptiness where there could be friendship and high and serious affections, and you feel a terrible discouragement gnawing at your psychic energy itself, and fate seems able to put a barrier against the instincts for affection, or a tide of revulsion that overcomes you. And then you say, How long, O Lord! [..]




 Now for the moment all my affairs are going badly, so it would seem, and that has been so for a not so inconsiderable period of time, and it may stay that way for a future of longer or shorter duration, but it may be that after everything has seemed to go wrong, it may then all go better. I’m not counting on it, perhaps it won’t happen, but supposing there were to come some change for the better, I would count that as so much gained; I’d be pleased about it, I’d say, well then, there you are, there was something, after all.
 […] I’m always inclined to believe that the best way of knowing God is to love a great deal. Love that friend, that person, that thing, whatever you like, you’ll be on the right path to knowing more thoroughly, afterwards; that’s what I say to myself. That leads to God, that leads to unshakeable faith. […]


 I feel I have a raison d’être! I know that I could be a quite different man! For what then could I be of use, for what could I serve! There’s something within me, so what is it! […].
Traduzione di Sandro Farinelli

Mio caro Theo,
 sono un po’ riluttante a scriverti: non l’ho fatto per lungo tempo, e ci sono diverse ragioni.
 Fino ad un certo segno mi sei diventato estraneo, così come io lo sono diventato per te, forse più di quello che credi.
 Forse è meglio per noi non proseguire in questo modo.
 E’ possibile che non ti avrei neanche scritto se non mi trovassi nell’obbligo di farlo.
 Ad Etten [presso la nuova residenza dei genitori NdA] ho appreso che mi hai inviato 50 franchi. Li accetto. Di certo con riluttanza, con un sentimento malinconico, ma mi trovo in un’impasse o disastro. 
 Che altro si potrebbe fare?
 Quindi è grazie a te che ti scrivo.
 Come forse saprai, sono tornato nel Borinage. Papà mi aveva chiesto di rimanere nelle vicinanze di Etten: ho detto di no, e credo sia stato meglio così.
 Senza volerlo, sono più o meno diventato un personaggio impossibile e sospetto in famiglia, in ogni caso qualcuno di inaffidabile. Quindi: come potrei essere utile a qualcuno in qualsivoglia modo?

 Adesso devo annoiarti con alcune riflessioni astratte; comunque voglio che le ascolti attentamente.
 Io sono un uomo passionale, perfettamente capace di cose sciocche per le quali, a volte, mi dispiaccio. Mi trovo spesso a parlare o ad agire impulsivamente, quando sarebbe meglio aspettare con più pazienza.

 E per questo uno si dovrebbe considerare una persona pericolosa, incapace di far qualcosa di buono? Non credo.
 Il punto è provare in tutti i modi a far qualcosa di buono con queste passioni.
 Per esempio: una passione su tutte per me sono i libri, ho continuamente bisogno di educare me stesso, di studiare se preferisci, esattamente come ho bisogno di mangiar pane. Sarai capace di capirlo anche da te.
 Quando mi trovavo in ambienti differenti, negli ambienti dei dipinti ed opere d’arte, tu sai benissimo che mi ha preso allora una passione per loro che è andata ben oltre l’entusiasmo.
 E non me ne pento. E adesso, lontano dalla patria ancora una volta, mi sento nostalgico, provo nostalgia per la patria dei dipinti.
 Quindi, invece di morire di nostalgia, mi sono detto “la patria o terra natìa per qualunque essere umano si trova in ogni dove”. Dunque, invece di perdermi nella disperazione, ho preso la strada della malinconia attiva, fino a che avrò forza di fare.
 Sai che ho trascurato spesso il mio aspetto, lo ammetto, come ammetto che è sconcertante. Ma vedi, difficoltà finanziarie e povertà fanno la loro parte, unite ad un profondo scoraggiamento.

 Al momento sono forse cinque anni, non so esattamente, che sono più o meno senza una posizione sociale, vagando qua e là.
 Adesso mi dirai che da quando in questo o quel momento ha cominciato ad andarti a rotoli sei svanito, non hai fatto niente.
 Ma è veramente andata così?
 E’ vero che a volte ho guadagnato la mia crosta di pane, a volte un amico me l’ha data per favore. Ho vissuto meglio che ho potuto, meglio o peggio, come sono andate le cose. E’ vero che ho perso la fiducia di alcune persone, è vero che le mie finanze sono in uno stato pietoso, è vero che il mio futuro è se non piuttosto scuro, è vero che avrei potuto fare meglio, è vero che in termini di guadagnarmi da vivere ho perso tempo, è vero che persino i miei studi sono in uno stato miserevole, e che ciò che mi manca è di più, infinitamente di più rispetto a ciò che ho.
 Ma questo significa andare a rotoli? E non far nulla? “Forse” tu dirai “ma perché non hai continuato, come la gente avrebbe voluto tu continuassi, in direzione dell’Università?”.
 Mi sento di rispondere solo questo: costa troppo e al tempo quel futuro non sembrava certo meglio che l’attuale presente, sulla strada in cui sono.
 Ma sulla strada in cui mi trovo oggi devo continuare: se non faccio nulla allora sono perduto, guai a me!
 Ecco come vedo la situazione: continuare, continuare, questo è quel che ci vuole!
 “Ma qual è il tuo obiettivo finale?” dirai.
 Quell’obiettivo diventerà più chiaro, prenderà lentamente una forma sempre più definita, attraverso uno schizzo che diventa un bozzetto e il bozzetto un dipinto, mentre uno lavora più seriamente, scavando più a fondo l’inizialmente vaga idea, quel primo fuggitivo pensiero che aleggia nell’aria finché non diventa fermo e definito.
 Adesso, una delle ragioni per cui mi trovo senza una posizione, per cui sono stato senza una posizione per molti anni è abbastanza semplice: perché il mio pensiero è diverso da quei gentiluomini che distribuiscono posizioni ad individui cui credono di piacere.
 Non è semplice apparenza, come le persone l’hanno ipocritamente messa dipinta contro di me. E’ qualcosa di molto più serio, te l’assicuro!
 Perché ti dico tutte queste cose?
 Perché tu non debba pensare che io rifiuti questa o quella cosa: nel mio non credere io sono, a modo mio, un credente, ed anche se cambiato sono sempre lo stesso, e il mio tormento non è nient’altro se non “in cosa potrei essere buono? Non potrei servire ed esser utile in qualche modo? Come potrei conoscere più approfonditamente ed entrare più dentro questa o quella materia?”…
 Lo vedi? E’ un continuo tormento! Allora ti senti un prigioniero nell’indigenza, precluso dal partecipare in questo o quel lavoro, e questo o quel bene necessario sono oltre la tua portata. Per questo non puoi abbandonare la malinconia, e avverti un vuoto là dove potrebbero esservi amicizia e affetti profondi, e avverti un terribile scoraggiamento che mastica la tua stessa energia psichica, mentre il destino sembra scaltro nel metterti davanti una barriera all’istinto d’affezione, o un vomito di repulsione che ti sommerge.
 Allora ti trovi ad esclamare “mio Dio, per quanto ancora!?”.
 Adesso, per il momento, tutti i miei affari stanno andando male, almeno sembra, e questa situazione va avanti da un incontabile periodo di tempo, e potrà rimanere così non si sa ancora per quanto. Ma, dopo che tutto sarà andato apparentemente male, allora potrebbe anche andar bene! Non ci conto. Forse non succederà, ma supponendo che ci saranno cambiamenti in meglio, lo riterrei un gran guadagno. Ne sarei lieto. Direi “Bene, eccoti qua! Qualcosa, dopo tutto, c’era!

 Sono sempre incline a credere che il miglior modo per conoscere Dio sia amare alla grande. Amare quell’amico/a, quella persona, quella cosa, quale che sia ciò che ti piace! Sarai sulla giusta strada per conoscere con più coscienza… dopo. 
 Questo è quel che dico a me stesso; questo è quel che porta a Dio, che porta ad una fede incrollabile.
 Sento che ho una ragione d’esistere! So che potrei essere un uomo ben diverso! Per cosa allora potrei esser d’aiuto, per cosa potrei servire! C’è qualcosa dentro di me… allora che cos’è!?

Ecco perché Vincent parla direttamente al cuore di ognuno di noi.

Ecco perché egli è maestro per chiunque voglia prendere la vita seriamente.

Anche senza un obiettivo perfettamente definito, l’importante è mettersi in cammino. Il viaggio vale più di qualsiasi raggiungimento. L’unica cosa fondamentale che nessuno può fare al posto di ciascuno di noi è decidere: il potere di ciascuna decisione resta completamente nelle nostre mani.

Decidere, dal latino de-caedere = tagliare: perché prendere una decisione significa prendere una ed una sola direzione, tagliando automaticamente fuori tutte le altre.

Va da sé che non decidere è comunque una decisione.

In ogni fase della vita, ogni minuto, consapevolmente o meno, operiamo scelte e decisioni. Continuare, continuare a lavorare sempre in coerenza della decisione: solo così potremo vedere il frutto dei nostri pensieri, sogni, aspirazioni materializzarsi nella realtà fisica.

Ecco come si è materializzato il dipinto I mangiatori di patate del 1885: una spremuta di tutto quel che ci ha raccontato adesso Vincent. Lui stesso si sentiva un vero artista dopo questa realizzazione. Da qui prende senso tutta l’arte successiva di Vincent.

Vincent Van Gogh. I mangiatori di patate. 1885. Museo Van Gogh, Amsterdam.

Mentre va avanti nel solco dell’Arte che si è scelto, Vincent impara a far passare le sue emozioni attraverso il colore: per questo la quasi totalità delle realizzazioni post 1885 presenta pennellate cariche di materia, tanto criticate da Paul Gauguin. Si tratta di un modo di scolpire, anziché con martello e scalpello come faceva Michelangelo, sulla tela con il colore.

Vincent Van Gogh. Campo di grano con cipressi. 1889. National Gallery di Londra.

Chiaramente lo stato emotivo dominante al momento della stesura risulta perfettamente trasparente. Per questo motivo i pezzi più belli del nostro sono proprio le notti stellate: è nel cielo trapunto di lumi che Vincent ritrova quel tanto desiderato senso di stare al mondo, al punto tale da dipingere un abbraccio tra le nuvole, proprio al centro del quadro.

Vincent van Gogh, Campo di grano con corvi, Museo Van Gogh, Amsterdam -1890

E’ proprio qui che si può ancora sentire l’eco nell’animo di Vincent: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me (E. Kant).

E’ il riflesso di quel cielo stellato che può tenerci in vita in questo momento così traumatico e buio: quella speranza, quella certezza di significato scritta negli astri non ha mai abbandonato lo sguardo di Vincent, rimasto sempre pulito e fiero per tutta la vita. Auguro a tutti di poter attraversare l’incarnazione con uno sguardo così, nonostante tutto, nonostante tutti, puliti e fieri verso le stelle!

Vincent Van Gogh. Notte stellata sul Rodano. 1888. Museo d’Orsay, Parigi.

Letture

  1. Il testo integrale è reperibile all’indirizzo web http://vangoghletters.org/vg/letters/let155/letter.html. L’intero sito è il magistrale frutto di quindici anni di ricerche e indicizzazione dell’intero corpus di lettere di Vincent, corredato da una miriade di materiali impagabili quali la copia anastatica originale dei manoscritti e numerosi collegamenti. Uno degli esempi più spettacolari dell’uso buono del web: rendere disponibili all’umanità documenti storici contestualizzati, così che diventino ispirazione ed esempio per tutti! Non mi stupirei se qualcuno decidesse di diventare un artista dopo aver letto le autentiche parole di Vincent.
  2. Ingo Walther, Rainer Metzger, Van Gogh. Tutti i dipinti, Milano, Taschen, 2015
  3. http://vangoghletters.org/vg/

Autore

Sandro Farinelli

Arezzo, 1979.
Laureato con lode in Conservazione dei Beni Culturali. Storico e
critico d’arte. Di professione Guida turistica.
Riguardo all'attività professionale:
Spot Gennaio 2021.
@guidaperviaggiatori

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Di Sandro Farinelli

Biografia

Sandro Farinelli

Arezzo, 1979.
Laureato con lode in Conservazione dei Beni Culturali. Storico e
critico d’arte. Di professione Guida turistica.
Riguardo all'attività professionale:
Spot Gennaio 2021.
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