Nietzsche precursore del Nazismo?

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Nietzsche precursore del Nazismo?
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Redazione

Una domanda che ricorre spesso nei saggi storici e nelle speculazioni ideologiche. Mugnai propone la sua risposta, con semplicità, passione e buoni argomenti.

In “Ecce homo” Friedrich Nietzsche ad un certo punto scrive:

“Conosco la mia sorte. Un giorno sarà legato al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme – una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono dinamite.”

Queste parole per largo tempo sono state considerate una specie di premonizione del Terzo Reich e quasi una specie di approvazione preventiva da parte di Nietzsche per le probabili catastrofi future. In realtà, se si legge l’intero capitolo da cui sono estrapolate, si evince come Nietzsche non intenda riferirsi a qualche tragico evento futuro, ma desideri essere colui che ha dato il via alla liquidazione della morale preesistente. Non sono pochi coloro che ancora oggi pensano che Nietzsche sia il precursore del nazionalsocialismo. In questo mio articolo cercherò di mettere in luce alcune questioni spinose che hanno dato adito a questa tesi e cercando di far emergere anche l’uomo Nietzsche oltre al filosofo. Per finire traccerò una mia personale idea a riguardo.

Friedrich con la sorella Elisabeth Nietzsche

Nietzsche muore nel 1900, anche se da inizio del 1889 è affetto da demenza, mentre il nazionalsocialismo prende il potere in Germania nel 1933. Ad unire questi 33 anni dalla morte di Nietzsche all’avvento del nazismo, vi è la sorella Elisabeth, curatrice dell’Archivio Nietzsche, profondamente nazionalista ed antisemita e ammiratrice di Mussolini. Il 2 Novembre del 1933 Hitler andò a trovare Elisabeth all’Archivio e ne uscì con il bastone da passeggio di Nietzsche. La sorella gli aveva anche regalato una copia della petizione del 1880 contro gli ebrei presentata a Bismarck da suo marito Bernhard Forster.

Nietzsche incontrò solo una volta suo cognato e gli bastò per provare nei suoi confronti repulsione ed antipatia. Il fallito progetto dell’antisemita Bernhard Forster di costituire insieme ad Elisabeth Nietzsche una comunità ariana in Paraguay, infastidiva non poco il filosofo tedesco, fonte di vergogna con i suoi pochi amici. Forster morirà suicida dopo il fallimento del suo progetto. La sorella di Nietzsche tornerà in Patria solo dopo la demenza occorsa a suo fratello. Sarà molto abile a curare le opere di Nietzsche, anche facendo leva al successo e al mito che aleggiava intorno alla sua figura e al suo pensiero, troppe volte storpiato da troppe parti.

Molti si sono ad esempio domandati se Hitler avesse mai letto un libro di Nietzsche. Tra i libri che appartenevano alla sua biblioteca all’epoca in cui scrisse il “Mein Kampf” non compaiono opere di Nietzsche. Si ha come la sensazione che Hitler facesse un uso strumentale degli slogan come super-uomo, volontà di potenza, morale del padrone, “bionda bestia”, etc., senza però andare a fondo del messaggio nietzscheano. Nietzsche era lo strumento per dare maggiore credibilità al nazismo, abusare del mito che si era creato attorno al filosofo tedesco, mito che poteva essere utile per giustificare i peggiori misfatti e dare credito alla causa nazionalsocialista. Nietzsche era un uomo schivo, solitario, estremamente sensibile, dalle maniere gentili, avverso al nazionalismo e all’antisemitismo, si professava cittadino europeo e detestava il Reich tedesco di Bismark.

Per capire più a fondo l’uomo Nietzsche mi sembra opportuno riportare questo periodo tratto dal libro “Friedrich Nietzsche”, di Lou Andreas Salomè, filosofa, poetessa e psicoanalista russa, sua amica per un breve ed intenso periodo:

All’osservatore frettoloso la sua figura non presentava nulla che desse nell’occhio: l’uomo di media statura, dagli abiti estremamente semplici, ma anche estremamente curati, dai tratti distesi e dai capelli pettinati all’indietro, poteva facilmente passare inosservato. Il contorno della bocca, sottile e quanto mai espressivo, veniva quasi interamente nascosto dai grossi baffi pettinati in avanti, aveva una risata sommessa, un modo di parlare senza fragore, un’andatura cauta e meditabonda con le spalle che un po’ si incurvavano; era difficile immaginare un uomo del genere in mezzo a una folla: portava con sé il segno di chi resta in disparte, di chi sta da solo. Di incomparabile bellezza e di tale nobiltà di forma da attirare involontariamente lo sguardo erano invece le mani… Il contegno suscitava l’impressione di segretezza e di riservatezza. Nella vita di ogni giorno era di una grande cortesia e di una mitezza quasi femminile.

Luo Salomè, Paul Rée e Friedrich Nietzsche

Queste caratteristiche umane e fisiche stridono molto con l’immagine dell’uomo virile e forte sostenuta dal nazismo. Intendiamoci, non è detto che un uomo fragile e dimesso non possa per questo sostenere il nazionalsocialismo, però Nietzsche era un uomo solitario, schivo, refrattario alle folle, malato e tutto ciò non combacia con l’immagine del Terzo Reich dove l’individuo era schiacciato dall’idea delle masse, degli uomini e delle donne irreggimentati come fossero marionette da muovere come automi a seconda dei voleri del Fuhrer. 

E non è un caso se la sua ostilità nei confronti del socialismo viene sottolineata più volte nei suoi scritti. Nietzsche era infatti un individualista e rifuggiva qualsiasi ideologia che prevedesse la prevalenza del collettivo sulla sfera individuale. Sembrerebbe a questa prima disamina che Nietzsche non c’entri nulla con il nazismo, eppure se l’uomo era refrattario, per non dire contrario, ai capisaldi su cui si basò successivamente l’ideologia nazista, il suo pensiero e soprattutto il mito creato attorno alla sua figura e ad alcune sue opere, ha affascinato e sedotto tanti pensatori e figure di primo piano del nazionalsocialismo. E’ bene quindi, seppur in maniera concisa, delineare un quadro specifico sui temi nietzscheani che hanno inebriato le menti e i cuori dei sostenitori del Terzo Reich. E’ vero, il pensiero di Nietzsche fu storpiato e semplificato, ma non bisogna trascurare il fatto che molti studi di critica filosofica di quegli anni arrivavano a conclusioni che giustificavano simili storpiature.  

Sicuramente i concetti di super–uomo e volontà di potenza sono quelli che più di tutti hanno fatto discutere, dando l’impressione che la filosofia nietzscheana avallasse ideologie tiranniche, dove l’esercizio della violenza e la sopraffazione del più forte sul più debole fossero la norma. In “Così parlò Zarathustra” irrompe il super–uomo. Ma chi è il super-uomo, l’uomo-tiranno che domina sul popolo-gregge? E’ il capo carismatico, l’uomo infallibile, il condottiero, colui che si lega ai destini della Nazione? Secondo Giorgio Penzo, nel suo libro “Nietzsche e il Nazismo – il tramonto del mito del super-uomo”, “con l’espressione del super-uomo Zarathustra intende dare una nuova definizione dell’uomo. Considerato nella sua essenza, l’uomo non è soltanto un animale razionale, ma l’uomo è qualcosa che deve essere superato.” Secondo quanto da me compreso dalla lettura di Nietzsche, l’uomo diventa super-uomo quando riesce a fare a meno del concetto di Dio, della metafisica e di tutte quelle sovrastrutture che lo limitano e lo rendono schiavo. Solo così diventa padrone di sé stesso e del suo destino, potendo finalmente dire sì alla vita e vivere secondo i suoi principi, andando al di là del bene e del male, non avallando qualsiasi morale precostituita da altri. Eppure in molti vedono il super-uomo come simbolo del dominio del “signore” sullo “schiavo”. Tra questi, spicca lo studio di Gyorgy Lucaks del 1954, in cui l’opposizione tra signori e schiavi è vista come espressione caricaturale della lotta di classe ed il timore di Nietzsche per l’avvento del socialismo, lo porta, secondo Lucaks a prediligere l’affermazione dei “signori”. E’ pur vero che Nietzsche aveva letto Darwin e in certo modo lo aveva fatto proprio. Ovviamente non lo aveva fatto proprio nel senso del darwinismo sociale (che è una conseguenza completamente erronea delle tesi evoluzionistiche di Darwin) tipico dei fascismi e specialmente del nazismo, ma comunque per sottolineare la necessità delle disuguaglianze tra individui. Disuguaglianze sociali, disuguaglianze di diritti, per fare in modo che “i più forti” potessero esprimere al meglio le loro potenzialità e non venissero schiacciati dalle catene dell’egualitarismo, fonte di decadenza e mollezza. E da qui riemerge l’atteggiamento antisocialista di Nietzsche, perché il socialismo ponendo la massa sopra i singoli, viene a sottomettere l’individuo, a tutto vantaggio della comunità, privando il singolo della volontà di potenza. Va anche detto che il socialismo era per Nietzsche la rivincita degli invidiosi, dei più deboli, dei “malriusciti” e di tutti coloro che facevano del “ressentiment” il loro grido di battaglia. L’avvento del socialismo, a suo avviso, avrebbe portato la società ad una decadenza morale e sociale, avrebbe infiacchito “la volontà di potenza” individuale.   Si è parlato di atteggiamento antidemocratico di Nietzsche, arrivando anche ad affermare che il suo individualismo fosse talmente radicale da portarlo a posizioni anarchiche come quelle ad esempio di Max Stirner. Nietzsche rifiuta tutto ciò che fa a capo allo Stato, perché pensa che l’esistenza dello Stato sia un freno all’espressione della volontà di potenza. E cosa intende per volontà di potenza? E’ la volontà di potere insita nell’uomo che può dare sfogo ai suoi istinti e superare la morale comune ed anche un’affermazione di sé stessi dinanzi al dolore e alla sofferenza insite nella vita.

Friedrich Nietzsche

Mi sembra a tal proposito opportuno riportare un breve estratto daEcce homo” di Nietzsche:

Ero il primo a vedere il vero contrasto: da una parte l’istinto degenerante, che si rivolta contro la vita con rancore sotterraneo (il cristianesimo, la filosofia di Schopenhauer, in un certo senso già la filosofia di Platone, tutto l’idealismo ne sono forme tipiche), e dall’altra una formula della affermazione suprema, nata dalla pienezza, dalla sovrabbondanza, un dire si senza riserve, al dolore stesso, alla colpa stessa, a tutto ciò che l’esistenza ha di problematico e di ignoto… Quest’ultimo, gioiosissimo, straripante sì alla vita non solo è la visione suprema, ma anche la più profonda, confermata e sostenuta col massimo rigore dalla verità e dalla scienza…

Per Nietzsche il cristianesimo, il socialismo, ma anche certo razionalismo hanno infiacchito l’esistenza dell’uomo, lo hanno messo in gabbia, gli hanno fatto credere all’esistenza di paradisi terrestri o ultraterreni, lo hanno posto nella condizione di essere schiavo e non arbitro del proprio destino. Affermare sé stessi, significa dire sì alla vita, dare libero sfogo alle proprie passioni, realizzare sé stessi e i propri sogni, liberarsi da tutte le sovrastrutture morali e non solo che legano l’uomo, abbracciare il senso “dionisiaco” della vita. La volontà di potenza è una risposta positiva al nichilismo.

La volontà umana, con l’affermarsi degli ideali ascetici si è indirizzato verso il nulla:

questo odio contro l’umano, più ancora contro il ferino, più ancora contro il corporeo, questa ripugnanza ai sensi, alla ragione stessa, il timore della felicità e della bellezza, questo desiderio di evadere da  tutto ciò che è apparenza, trasmutamento, divenire, morte, desiderio, dal desiderio stesso – tutto ciò significa, si osi rendercene conto, una volontà del nulla, un’avversione alla vita, una rivolta contro i presupposti fondamentali della vita….l’uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere…”. 

Per questo occorreva la trasvalutazione di tutti i valori, una traversata del deserto che lo stesso Nietzsche considerava densa di ostacoli e patimenti. Ma era necessaria per affermare nuovamente il sì dionisiaco alla vita, alla potenza della volontà, intesa come affermazione dell’individuo sulla vita stessa e non come sopraffazione sugli altri. Si trattava dell’unico modo per vincere il nichilismo incombente, di cui il cristianesimo era stato per Nietzsche, il principale responsabile.

Scriverà in “Al di là del bene e del male”:

“La fede cristiana è fin da principio sacrificio: sacrificio di ogni libertà, di ogni orgoglio, di ogni autocoscienza dello spirito, e al tempo stesso asservimento e dileggio di sé stessi, automutilazione.”

 E’ doveroso riportare anche uno stralcio di un passo tratto da “Genealogia della morale”. Un passo discutibile e in parte controverso; lo riportiamo di seguito:

“La profonda, gelida diffidenza che anche oggi nuovamente suscita il tedesco è ancor sempre una ripercussione di quell’inestinguibile terrore con cui l’Europa, nel corso di secoli, ha riguardato la furia della bionda bestia germanica. Si potrà anche avere tutto il diritto di non sbarazzarsi della paura per la bionda bestia che è nel fondo di tutte le razze aristocratiche e di stare in guardia: ma chi non preferirebbe cento volte temere, senza intanto potersi più liberare dalla vista disgustosa dei malriusciti, dei meschini, degli intristiti e intossicati?”

Certamente non si tratta di invocazioni alla “bionda bestia” come rappresentante della razza padrona tedesca che domini il mondo sotto l’egida della supremazia razziale. Ma come afferma Sue Prideaux nella sua bella biografia di Nietzsche, “senza dubbio [certe invocazioni alla “bionda bestia”] contengono brutti elementi che potevano sfociare in incitazioni al razzismo e al totalitarismo. Sarebbe ingenuo ignorarli semplicemente, considerandoli soltanto il punto di partenza da cui il potere connettivo del pensiero diffuse l’infezione.”

Sono altresì numerosi gli aforismi ed i periodi in tutte le sue opere che confermano l’estraneità di Nietzsche a quel mondo culturale ed ideale già in nuce presente all’epoca del filosofo tedesco e che poi sarà rappresentato dal Nazismo. Dobbiamo ricordare che dinanzi alla guerra prussiana – francese dei primordi degli anni 70’, dopo un iniziale euforico appoggio, rimase disgustato dalle orde di nazionalismo strisciante, di ignoranza e di esaltazione collettiva. Da lì in poi il suo distacco nei confronti della Germania fu sempre più marcato fino ad assumere il carattere di una vera e propria avversione. Era così tanto avverso alla Germania, che nell’ultimo periodo della sua vita cosciente, andava dicendo che la sua famiglia era di origine polacca: non era vero, era una delle tante fandonie che Nietzsche amava raccontare. Va poi sottolineato come tra i tanti motivi della rottura dell’idillio con Richard Wagner, possiamo anche aggiungere quello sul ruolo della Germania nello scacchiere europeo.

Friedrich Nietzsche e Richard Wagner

Nietzsche rifiutava in toto l’idea di Wagner e di tanti frequentatori del festival di Bayreuth, che la Nazione tedesca dovesse assumere un ruolo guida, come potenza ispiratrice dell’intera Europa, perché in essa intravedeva il pericolo che la Germania si sarebbe con il tempo chiusa in sé stessa, convinta che solo lei stessa avrebbe potuto salvare il mondo dai suoi mali. Di Wagner e dei wagneriani soprattutto, lo infastidiva lo strisciante antisemitismo, l’avvicinamento costante di Wagner alla fede cristiana e quell’unione mistica, quasi religiosa che univa i wagneriani alla sua musica, quasi che la musica stessa avesse degli echi profondi che ispiravano quel becero nazionalismo tedesco che, come abbiamo visto, Nietzsche aborriva con tutto sé stesso. E a tal proposito, nel finale della “Genealogia della morale” possiamo leggere un passo davvero illuminante e chiaro a riguardo:

“…non sopporto neppure questi novissimi speculatori in idealismo, gli antisemiti che strabuzzano oggi i loro occhi alla maniera cristiano – ariano galantomismo e mercé l’abuso, giunto al limite della pazienza di un mezzo di agitazione assai a buon mercato, l’atteggiarsi moralistico, cercano di eccitare tutti gli elementi – da – bestiame – cornuto del popolo ( – il fatto che ogni specie di furfanteria di pensiero non resti senza successo nella Germania di oggi, dipende dallo squallore con l’andar del tempo incontestabile e già palmare dello spirito tedesco, di cui cerco la causa in una eccessivamente esclusiva nutrizione di giornali, di politica, di birra e musica wagneriana, in aggiunta ciò che costituisce il presupposto di questa dieta: in primo luogo la chiusura nazionale e la vanità nazionale, il robusto, ma angusto principio “Deutschland, Deutschland uber alles” e in seguito poi, la paralysis agitans delle “idee moderne”)".

Mi sembrano parole chiare ed inequivocabili, così come mi rendo perfettamente conto che quanto riportato in questo breve articolo, non è sufficiente per dare un quadro generale ampio sull’influsso più o meno marcato della filosofia di Nietzsche sul nazismo. Personalmente ho cercato di tratteggiare brevemente alcune posizioni di Nietzsche, ricavandole dai libri letti del filosofo tedesco e da alcuni studi a riguardo. Per quanto concerne la mia posizione in merito, io penso che Nietzsche c’entri poco con l’ideologia nazista. E’ vero, alcune sue posizioni, a volte, sono ambigue e possono far pensare che il suo pensiero potesse giustificare la violenza e la sopraffazione, ma un uomo come lui che amava la libertà e l’indipendenza, come avrebbe potuto accettare e sostenere regimi totalitari che non permettevano nessuna espressione libera, spontanea, in cui la volontà individuale era ostaggio della coercizione e della cieca obbedienza nei confronti del Capo e dei pochi suoi eletti? Come poteva Nietzsche sostenere un regime tirannico che aveva l’aspirazione di restaurare dei miti ed un’epoca passata, facendo riemergere la “razza pura” germanica, lui che si professava profeta ed anticipatore di un futuro nuovo, in cui ci sarebbe stata la trasvalutazione di tutti i valori? Mi riesce quindi impossibile vedere Nietzsche legato al Nazismo, è qualcosa che stride con l’immagine che ho dell’uomo prima e del filosofo poi. Mi piace immaginare Nietzsche come un pensatore libero, slegato da qualsiasi ideologia, un vero critico di tutti gli idolipassati, un visionario ed anticipatore della filosofia esistenziale e della psicologia del profondo, un grande filosofo che attraverso la sua scrittura ha fatto innamorare molti pensatori e molti lettori comuni, me compreso. Detto questo, il dibattito resta aperto e se anche il mio articolo è servito per spingere anche un solo lettore a rifletterci e a trovare sue risposte ad esso, avrò raggiunto in parte il mio obiettivo.     

Fiedrich Nietzsche

LEtture

  1. Sue Prideaux – Io sono dinamite. Vita di Friedrich Nietzsche – UTET Editore, 2019
  2. Giorgio Penzo – Nietzsche e il nazismo. Il tramonto del mito del super-uomo – Rusconi Libri, 1997
  3. Lou Andreas Salomè – Friedrich Nietzsche – SE Editore, 2017
  4. Gilles Deleuze – Nietzsche – SE Editore, 2018
  5. Massimo Fini – Nietzsche – Marsilio Editore, 2020
  6. Friedrich Nietzsche – Genealogia della morale. Uno scritto polemico – Adelphi, 1984
  7. Friedrich Nietzsche – Ecce homo. Come si diventa ciò che si è – Adelphi, 1991

Autore

Federico Mugnai

Arezzo, 1987. Si è diplomato al Liceo
scientifico Francesco Redi di Arezzo.
Cultore di letteratura ottocentesca, russa in particolare. Studioso di
storia della prima metà del ‘900 con un’attenzione meticolosa alla
storia dei totalitarismi, soprattutto fascismo e nazismo.

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Biografia

Federico Mugnai

Arezzo, 1987. Si è diplomato al Liceo
scientifico Francesco Redi di Arezzo.
Cultore di letteratura ottocentesca, russa in particolare. Studioso di
storia della prima metà del ‘900 con un’attenzione meticolosa alla
storia dei totalitarismi, soprattutto fascismo e nazismo.

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