Redazione
Federico Mugnai ci offre, con questa nota, un compendio dei fatti e delle idee che nella storia hanno ispirato la più odiosa e tragica delle ideologie: l’antisemitismo. Odio, razzismo, crudeltà e violenza. Nefandezze imperdonabili. Per non dimenticare.
L’antisemitismo ha origini lontanissime e si è evoluto nel tempo, assumendo delle caratteristiche diverse e spesso contraddittorie, a seconda del periodo storico, degli aspetti ideologici, religiosi, politici, culturali e anche scientifici. Si può definire come l’odio per gli ebrei, quindi una forma di razzismo e pregiudizio, di ostilità celata o manifesta. Sappiamo tutti come la follia nazista abbia estremizzato tale discriminazione fino a portarla all’orrore dell’Olocausto. Cerchiamo ora di capire come abbia avuto origine l’antisemitismo, come si sia evoluto, quali siano stati i fattori scatenanti di questo odio atavico e quale legittimazione politica, ideologica e purtroppo anche scientifica abbia incontrato nel corso dei secoli. Nell’antichità, prima dell’avvento del cristianesimo, l’ostilità nei confronti degli ebrei aveva una caratterizzazione soprattutto religiosa, dovuta al fatto che loro erano portatori di una religione monoteistica, mentre le altre civiltà (egiziani, persiani, greci, babilonesi, etc..) erano politeiste.
Ciò portò a numerosi conflitti, aggravatesi quando l’Impero romano adottò come religione il cristianesimo nel IV° secolo D.C, dato che gli ebrei non riconoscevano in Gesù il Cristo ed erano considerati il popolo che lo avevano condannato alla morte. Per questo motivo i cristiani ritenevano che gli ebrei dovessero essere discriminati o comunque tenuti in condizione di subordinazione. Nei secoli successivi non mancarono, in questo senso, esplosioni di odio (si pensi all’episodio del 1096 nell’Europa Nord Occidentale dove furono massacrati numerosi ebrei in quanto “deicidi”). Nel Medioevo l’antisemitismo assunse caratteristiche deliranti, come quando nel XII° secolo vennero accusati ingiustamente dell’omicidio dei bambini cristiani.
All’antisemitismo cristiano, si affiancò con il tempo un antisemitismo di carattere sociale, di rancore e spesso odio per il tradizionale ruolo di creditori ricoperto da una buona parte di ebrei. Questo aspetto, cioè il rapporto ebrei – denaro era comunque collegato alla religione, in quanto considerato addirittura “demoniaco”. Gli episodi di intolleranza antiebraici sono numerosissimi: in questa sede basti ricordare i pogrom nella Spagna del Quattrocento, così come la Riforma luterana, che, dopo un primo tentativo di dialogo verso gli ebrei e di inclusione in società, videro l’acuirsi degli stereotipi che li caratterizzavano, nonché la richiesta di convertirsi alla “vera fede”.
E’ però a partire dalla seconda metà del 700’ che il razzismo e quindi di conseguenza l’antisemitismo, trova le sue fondamenta dapprima nell’ Illuminismo e nel risveglio religioso a cavallo tra fine 700’ ed inizio 800’ e poco dopo nel Romanticismo tedesco della prima metà del XIX secolo. I russi diedero alcuni contributi decisivi al dilagare dell’antisemitismo (si pensi solo alla diffusione dei famigerati “Protocolli dei Savi di Sion”), ma è l’Europa centrale la culla dell’antisemitismo moderno. Berlino e Vienna saranno al centro della discriminazione nei confronti degli ebrei, ritenuti non idonei ad ottenere una parità di diritti, ufficialmente perché le loro usanze erano considerate ripugnanti. In realtà nei confronti degli ebrei era diffusa una certa ostilità irrazionale che aveva appunto avuto origine a partire dal Romanticismo, come rivolta contro la modernità razionalista. Gli ebrei erano considerati l’archetipo della razionalità e della modernità. Erano quindi loro la causa dei cambiamenti sociali e politici che mettevano a soqquadro il vecchio ordine e, secondo loro, portavano la società e la Nazione verso un inevitabile declino. Perciò erano considerati gli ebrei ad indebolire la società tradizionale e naturale. Secondo Steven Beller nel suo libro “L’antisemitismo”, “Il Romanticismo tedesco fu una rivolta contro le profondità dell’Illuminismo, oltre che una protesta contro l’industrializzazione inglese”. Herder, Fichte, Wagner si scagliarono, seppur con motivazioni tra loro diverse, contro gli ebrei, deprecando la loro visione cosmopolita, il vecchio nesso ebrei – denaro ed il disprezzo per i valori materialistici.
Affiorava certamente il nazionalismo tedesco ed anche una certa avversità nei confronti dei cambiamenti sociali apportati dal capitalismo di cui gli ebrei erano ritenuti la minaccia principale all’identità del popolo tedesco. Quindi alla base dell’antisemitismo irrazionale possiamo riscontrare la paura del futuro, dello sradicamento della comunità ed il terrore per la modernità. Tutte tematiche che verranno poi ampiamente riprese anche dal Nazismo. Anche un filosofo non certo nazionalista come Nietzsche rintracciava in essi alcune cause della decadenza della società. Secondo Beller, “Nietzsche lodava spesso gli ebrei emancipati moderni, considerandoli un’influenza benefica sulla civiltà europea. Eppure i suoi attacchi alla “morale da schiavi” di origine ebraica, che si opponeva alla trasvalutazione di tutti i valori da lui proposta, si potevano facilmente trasformare in attacchi contro gli ebrei moderni, visti come un ostacolo alla liberazione dell’uomo.” L’antisemitismo però non si alimentava solo con il pensiero romantico e l’irrazionalismo che da lì ne derivava con tutte le sfumature nazionaliste, comunitarie, identitarie, etc.., trovava sbocchi anche nel razionalismo post- illuminista. Il filosofo Eugen Duhring, ad esempio, scrisse un saggio intitolato “La questione ebraica in quanto problema razziale, morale e culturale” in cui accusava gli ebrei di non essere abbastanza razionali, ma schiavi di superstizioni ataviche.
Duhring tentò di far leva sulle teorie evoluzioniste darwiniane per dimostrare la presunta inferiorità degli ebrei e la minaccia per la razza tedesca. L’antisemitismo (ed in genere il razzismo) trovò sponde effettive in diverse teorie scientifiche a partire dalla seconda metà 800’, sulla spinta del razionalismo, del successivo positivismo scientifico e, come detto, di una cattiva interpretazione delle teorie evoluzioniste di Darwin. Si iniziò dapprima con la craniometria (si pensi a Samuel George Morton e Paul Broca su tutti), cioè al metodo per cui le variazioni di grandezze craniche portano a differenze di capacità intellettive. Sia Morton che Broca tentarono di sviluppare teorie per classificare le razze, facendo leva su metodi considerati oggettivi per la misurazione cranica.
Non importava se queste misurazioni fossero approssimative e sbagliate, come dimostra Stephen Jay Gould nel suo libro “Intelligenza e pregiudizio”, ma ciò dette il via all’emergere dell’eugenetica, termine coniato da Galton nel 1883. Si voleva regolamentare i matrimoni a seconda della dote ereditaria dei genitori, in modo da evitare alle razze considerate inferiori, ai malati mentali o comunque ai soggetti più fragili di riprodursi. Si pensava così di perfezionare in modo razionale la società e debellare quella degenerazione sociale che molti intravedevano. La biologia razziale e sociale divenne una vera dottrina in cui l’eugenetica era al centro di un sistema teso a far emergere coloro che erano considerati “sani e forti”. Tutto ciò portò ovviamente a legittimare in qualche modo il razzismo e le discriminazioni di qualsiasi tipo. A ciò si aggiungeva lo studio dei volti con la ricerca di stereotipi per identificare le varie razze: dalla mascella protesa in avanti dei neri, al naso adunco degli ebrei, etc… tutte caratteristiche per catalogare le razze in maniera gerarchica. Un altro apporto alle teorie razziste fu il cattivo uso dell’invenzione, nel 1908, di Binet della scala denominata QI, quoziente intellettivo per misurare l’intelligenza. Dopo la sua morte questo test fu usato in maniera inappropriata per tentare di dimostrare che alcune razze erano meno intelligenti di altre. Come scrive Gould, “Il quoziente intellettivo porta ad una materializzazione dell’intelligenza, cioè come ad un’entità singola e misurabile. Un innatista come Goddard usò la scala delle deficienze mentali allo scopo di identificare l’intelligenza come singola entità.” Altri scienziati dell’epoca come Terman e Yerkes vanno oltre ed estremizzano l’innatismo, pensando che le differenze genetiche tra le razze siano ben più marcate rispetto a quanto dimostrato scientificamente nel dopoguerra. Il determinismo biologico è stato smentito in maniera netta, perché si è dimostrato che le differenze genetiche tra le razze sono minime. Per dirla sempre con Gould, “Lewontin ha studiato la variazione in 17 geni del codice per le differenze nel sangue e trovò che solo il 6,3% delle variazioni può essere attribuito alla razza.”
L’apporto di queste teorie scientifiche al razzismo portò a legittimarlo anche dal punto di vista culturale, sociale e politico. Alcuni scrittori influenti come Houston Chamberlain con il suo libro del 1899, “I fondamenti del XIX secolo” fece leva sul determinismo biologico, per dare all’antisemitismo un significato mistico e spirituale. Per dirla come George Mosse, nel suo “Il razzismo in Europa”, “Chamberlain vedeva negli ebrei un popolo asiatico che era entrato nella storia europea contemporaneamente ai germani e che al pari di essi era riuscito a preservare la purezza razziale. Lo spirito ebraico era materialistico, legalistico e privo di tolleranza e moralità…” La battaglia era tra ebrei e tedeschi, mentre gli altri popoli erano una mescolanza di razze, popoli spettatori della “battaglia decisiva della storia.” Secondo Chamberlain, la sconfitta degli ebrei avrebbe portato ad “una rivoluzione spirituale nella quale l’anima razziale ariana avrebbe dominato il mondo.” Fu con la fine della prima Guerra Mondiale che l’antisemitismo trovò ulteriori consensi in Europa. I leader tedeschi trovarono negli ebrei il capro espiatorio per la sconfitta militare. Erano tacciati di disfattismo ed accusati di bolscevismo. In effetti il consistente numero di ebrei iscritti nei partiti di sinistra confermò tale accusa ed accese sempre più il nazionalismo tedesco e di conseguenza l’antisemitismo. Se da una parte si supponeva ci fosse la minaccia bolscevica a guida ebraica, dall’altro lato con la Grande Depressione del 1929, gli ebrei furono accusati anche di essere a capo degli affamatori del popolo tedesco, gli usurai e coloro che guadagnavano a scapito della povera gente. Il nazionalsocialismo, con una concezione economica anticapitalista ed anticomunista, facendo perno su un nazionalismo estremo, trovarono nell’ebreo il colpevole di tutte le sventure della Germania. Hitler giunse al potere nel 1933 e già nel 1935, con le leggi di Norimberga, attuò politiche discriminatorie e razziste nei confronti degli ebrei. Il primo episodio di violenza di massa nei confronti degli ebrei risale al 1938, alla famigerata Notte dei Cristalli.
Nella notte tra il 9 e 10 Novembre, furono distrutti molti negozi ebraici, uccise migliaia di persone, nell’indifferenza generale di buona parte della popolazione tedesca. Durante la Seconda Guerra Mondiale, si procedette alla Soluzione Finale che, come tutti sappiamo, aveva come obiettivo quello di sterminare l’intera razza ebraica. Le cifre ufficiali ci dicono che nei campi di sterminio dell’Europa centrale, morirono 6 milioni di ebrei. L’Olocausto ha lasciato un’impronta indelebile nella coscienza di tutti noi ed anche a distanza di oltre 70 anni, rimaniamo attoniti dinanzi alla portata di tale sterminio.
L’antisemitismo nel dopoguerra è stato in buona parte screditato, così come le basi scientifiche su cui si basava sono state smentite totalmente. La creazione dello Stato di Israele nel 1948 declinò il baricentro dall’odio verso gli ebrei in quanto individui a quello nei confronti del sionismo, inteso come nazionalismo ebraico. Il mondo arabo e musulmano ritiene che gli ebrei abbiamo occupato delle terre ingiustamente e pensano che quella di Israele sia un’occupazione illegittima che ha portato negli anni guerre e scontri ideologici. Dall’antisemitismo si è passati all’antisionismo, vedendo in Israele l’archetipo dell’Occidente liberale e democratico, avversato da certo islamismo fondamentalista. Addirittura Israele viene considerato da certe frange estremiste arabe, ma anche da alcuni partiti di estrema sinistra europei, un novello “Stato nazista” che sottomette e discrimina la popolazione palestinese. Rimane invece in Occidente un antisemitismo di fondo che denuncia gli ebrei come i registi occulti delle crisi finanziarie ed economiche: vecchie teorie cospirazioniste che trovano eco soprattutto negli opposti estremismi di destra e sinistra e che faticano a cessare. Se da sinistra vi è una invidia e un risentimento per i successi e il potere degli ebrei con accesi toni anticapitalistici, da destra il nazionalismo ed il sovranismo portano a considerare gli ebrei coloro che minano l’identità dei popoli, di sradicare cioè la loro cultura ed impoverire le varie economie nazionali. Steven Beller a conclusione del suo libro, si pone una domanda e dà una risposta a mio modesto avviso legittima e condivisibile: “come possiamo mantenere entro limini minimi e innocui questa forma di antisemitismo? Se la domanda è posta in questi termini, la risposta all’antisemitismo va cercata in definitiva non in uno stato ebraico, ma nell’istituzione di un sistema davvero globale di pluralismo liberale”.
LEtture:
- Steven Beller – L’antisemitismo
- George Mosse – Il razzismo in Europa
- Stephen Jay Gould – Intelligenza e pregiudizio
- Francesco Germinario – Dalla razza biologica alla razza culturale