Medicina narrativa
La pratica medica tra riflessione e narrazione

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Medicina narrativa
La pratica medica tra riflessione e narrazione
L’autrice Elisa Canocchi

REDAZIONE

La medicina basata sulle evidenze è una delle conquiste della società moderna. Tuttavia intraprendere un percorso che punti a curare un paziente è qualcosa di diverso che diagnosticare e trattare quadri patologici sempre più conosciuti e compresi nella loro complessità. Elisa Canocchi ci fa comprendere attraverso la prospettiva della medicina narrativa che senza una visione che colga contemporaneamente il livello corporeo, mentale e del sé dell’individuo non può esserci Medicina. Ancora una volta la risposta più corrispondente alla natura umana sembra poter essere raggiungibile solo con un approccio interdisciplinare che tenga insieme filosofia, antropologia, pedagogia.

Il cuore della medicina è la relazione (Rita Charon)

Cosa si intende per Medicina Narrativa? Quali sono le implicazioni operative che l’adozione di questa modalità comporta nei contesti professionali?

La Narrative based Medicine è molto più di in approccio, è una scelta epistemologica che impone un posizionamento ben preciso all’interno della pratica professionale, che ha risvolti in campo operativo-esperienziale e metodologico e che può convivere con la medicina delle Evidenze in una logica del “sia-sia”.

Rita Charon

Afferma Rita Charon, medico internista e docente della Columbia University, nonché una delle rappresentanti più autorevoli della Medicina Narrativa: Siamo diventati molto bravi a diagnosticare e a curare le malattie. Sappiamo eliminare infezioni un tempo fatali, prevenire attacchi cardiaci, guarire leucemie infantili e trapiantare organi. Ma nonostante un progresso così impressionante, manca solo la capacità umana di provare empatia per gli ammalati, di accompagnarli con onestà e coraggio verso la guarigione, nella lotta contro la cronicità e la fine della vita. 

La società della complessità, come la definisce Morin, si connota per incertezza, instabilità e richiede dunque una pratica professionale che vada oltre le abilità tecniche dell’expertise tradizionale. Le situazioni-problema che l’esperienza medica pone non possono essere comprese attraverso una razionalità di tipo tecnico, secondo una logica causale, bensì con un approccio interdisciplinare: antropologico, filosofico, letterario, pedagogico. La razionalità di tipo tecnico, che spiega i fenomeni secondo una logica lineare, non riesce infatti a cogliere ed alleviare le paure, le sofferenze legate alle storie di malattia, non riesce ad entrare nel mondo del paziente, ad ascoltarlo, guardarlo, interpretarlo, immaginarlo, comprenderlo, empatizzarlo.

Egon Schiele – La morte e la fanciulla – 1915

Le narrazioni trasmettono invece conoscenze sul mondo, organizzano il senso dell’esistenza e forniscono chiavi di interpretazione e indizi sulle personali modalità costruttive della vita quotidiana, ancor più dell’esistenza di malattia. E’ attraverso questi dispositivi che possiamo comprendere i nostri impliciti e riformularli consapevolmente, che scopriamo cose che non sapevamo di sapere.

Le storie di malattia sonocomplesse”, fatte di vissuti, attori, intrecci che soprattutto un approccio narrativo può far emergere ed afferrarne il senso. La medicina narrativa riconosce, assimila e interpreta le storie di malattia per reagirvi adeguatamente. Emerge una visione “complessa” della cura, intesa come pratica dialogica, in cui si costruiscono significati attraverso connessioni umane.

Il “modello narrativo” ha delle forti ricadute sulla pratica professionale. La medicina narrativa è un’attività pratica, nasce nei reparti, negli studi medici, nei contesti; i pazienti non hanno bisogno solo di una diagnosi precisa e di una terapia, ma anche di attenzione, ascolto, tenerezza.

La malattia ed il corpo malato aprono nuovi scenari nell’esistenza di una persona, non soltanto da un punto di vista fisico e biologico ma anche nel senso più profondo, legato agli aspetti rappresentazionali ed emotivi. Il Corpo ed il Sé sono interconnessi. La malattia è un fenomeno complesso, è fatta anche di credenze personali, alimenta sensi di colpa, paure ed angosce, convinzioni. Il corpo malato invita non soltanto i pazienti, ma anche i medici, a porsi domande esistenziali sulla morte, sulle cause, sui vissuti, pone quesiti profondi e richiede un approccio riflessivo ed autoriflessivo.

Per un medico adottare un approccio narrativo significa dunque aiutare chi soffre ad avere una relazione più serena con il proprio stato di malattia, con la fine della vita, significa comprendere gli stati emotivi, aiutando i pazienti ad esprimere il significato della loro malattia e ad accettarla.

Il racconto e l’ascolto facilitano il superamento delle divergenze, creano spazi di comprensione, ri-definiscono i confini delle reciproche identità in un processo di trasformazione costruttiva di significati.

Se da un lato raccontare la propria vita permette al paziente di aprirsi, di esplicitare gli aspetti sottesi e latenti, dall’altro, ascoltare le storie, permette al medico di cogliere le connessioni tra corpo, mente e Sé. Senza un’attenzione simultanea a questi tre elementi, non c’è Medicina. Ascoltare storie diventa una competenza fondamentale ai fini della costruzione della diagnosi e della prescrizione/somministrazione del trattamento terapeutico.

L’ascolto di cui si parla è un “ascolto cognitivo” che comporta da parte del professionista l’incontro con forme di pensiero differenti da quelle logico-formali, tradizionalmente utilizzate per la diagnosi clinica, e la messa in atto di processi di significato attraverso i quali recupera informazioni pregnanti da dati apparentemente insignificanti.

Ogni paziente è un caso unico, la cui comprensione necessità di competenze narrative, disposizione all’ascolto e alla riflessione. Concentrare l’attenzione sul paziente, sulla sua storia, significa prestare attenzione all’esperienza vissuta, alla sua illness, all’esperienza personale, ai modi in cui vive questa. Ogni persona ha la propria storia e di tale storia la propria narrazione; porsi in una posizione di ascolto ed inserirsi in una conversazione nutrita di attenzione empatica permette di entrare in contatto con il paziente, di stabilire con lui una connessione.

Ecco allora che ascoltare storie diventa una competenza professionale indispensabile. Il paziente e le sue opinioni sono elementi centrali nel processo decisionale del medico. Questi si trova di fronte un malato che, conseguito un livello di consapevolezza, chiede di essere considerato nella sua interezza, reclama la piena partecipazione, non soltanto al processo decisionale concernente le scelte terapeutiche, bensì anche all’attività anamnestica e diagnostica. La visita non può essere ridotta ad una serie di risultati di laboratorio, deve accogliere la complessità del corso della vita, fatto di eventi in grado di plasmare il rapporto del malato con la sua malattia e di influenzarne il decorso.  

E’ indubbio il notevole progresso che le scienze mediche hanno portato alla pratica: si pensi alle maggiori possibilità tecnologiche, al perfezionamento degli strumenti che comporta un più alto livello di conoscenza dei fenomeni biologici e delle loro manifestazioni. Ma la tecnica, il modello bio-medico non bastano a cogliere gli aspetti unici della persona malata. E’ attraverso l’ascolto ed il racconto che vengono superate le distanze interpersonali, che il soggetto incontra l’altro, ne riconosce l’unicità e la singolarità. L’ascolto diventa quindi un aspetto fondamentale del processo comunicativo e condizione imprescindibile perché si costruisca una relazione d’aiuto empatica e fondata sulla fiducia reciproca. Questo consiste nella capacità di assumere un atteggiamento in grado di comprendere gli stati d’animo, i bisogni espliciti e quelli latenti dell’altra persona, entrare in empatia.

La narrazione permette di percepire i pazienti, interpretare ciò che fanno, dare coerenza a quello che dicono, riconoscere le proprie reazioni emotive, percorrere itinerari di autoconsapevolezza, sviluppare empatia, senso di responsabilità ed eticità. Grazie ai dispositivi narrativi, la persona riesce ad osservarsi da lontano, a decentrarsi, a guardarsi dal punto di vista di qualcun altro.

René Magritte – Decalcomania – 1966

Attraverso questo approccio il medico modifica i propri orizzonti, il personale punto di vista, riesce a comprendere la prospettiva del paziente, a sentire le sue emozioni, le sue paure. La visita medica non può essere routinaria, non si possono porre le solite domande a tutti i pazienti. Il pensiero medico è un pensiero divergente, flessibile e creativo e i pensieri e le emozioni assumono poi un valore ulteriore, se condivisi con la comunità professionale, con i colleghi.

L’elemento narrativo, l’abilità di ascoltare, analizzare, interpretare, condividere le storie sono competenze fondamentali nella formazione degli operatori della salute e della cura. La narrazione della propria malattia se da una parte aiuta il paziente a razionalizzare e a mettere ordine nel caos delle emozioni che sta vivendo, a trasferire al di fuori di sé ansie, timori, paure, ad acquisire un maggior autocontrollo e a trovare un senso alla propria esperienza di malattia, dall’altra aiuta i medici a crescere in umanità, all’esercizio dell’analisi e dell’autocritica, evitando il rischio che le emozioni compresse possano trasformarsi in un cinico distacco e ricomparire in seguito sotto forma di frustrazione e burn-out. 

Attraverso percorsi formativi che prevedono l’utilizzo dello strumento narrativo possono essere sviluppate o potenziate, a differenti livelli di approfondimento, le competenze necessarie per interpretare le storie dei malati, dei loro familiari, dei caregivers. Il dispositivo narrativo consente infatti ai partecipanti di riflettere sulle pratiche professionali riformulandole e trovando nuove soluzioni- strategie operative in una dimensione sia individuale che di gruppo. Nei processi formativi la comprensione delle esperienze umane profonde legate alla malattia, alla cronicità, alla disabilità viene resa più efficace attraverso l’utilizzo della letteratura, dei film, del teatro, dell’arte

Letture:

  1. Vincenzo Alastra – Ambienti narrativi, territori di cura e formazione – Franco Angeli, Milano, 2016.
  2. Micaela Castiglioni (a cura di) – Narrazione e cura – Mimesis, Udine, 2013.
  3. Rita Charon – Medicina Narrativa. Onorare le storie dei pazienti – Raffaello Cortina Editore, Milano, 2019. Traduzione di Christian De Lorenzo.
  4. Lorenza Garrino – La medicina narrativa nei luoghi di formazione e di cura – Centro Scientifico Editore, 2010.
  5. Massimiliano Marinelli (ed.) – Dizionario di Medicina Narrativa. Parole e pratiche – Scholè, Brescia, 2022.
  6. Maria Giulia Marini – Medicina narrativa. Colmare il divario tra cure basate sulle evidenze e humanitas scientifica – Ed. Effedi, 2019.
  7. Francesca Marone (a cura di) – La Medicina narrativa e le buone pratiche nei contesti di cura. Metodologie, strumenti, linguaggi – Pensa Multimedia, Lecce, 2016.
  8. Edgar Morin – Introduzione al pensiero complesso – trad.it., Sperling-Kupfer, Milano, 1993.
  9. Lucia Zannini – Salute, Malattia e cura. Teoria e percorsi di clinica della formazione per gli operatori sanitari – Franco Angeli, Milano, 2001.
  10. Lucia Zannini – Medical humanities e medicina narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura – Raffaello Cortina, Milano, 2008.

Autore

Elisa Canocchi

Arezzo, 1979. Si è laureata in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Siena ed ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in “Qualità della formazione” presso l’Università degli Studi di Firenze. Ha lavorato come Progettista in ambito socio-sanitario-assistenziale ed educativo, occupandosi della stesura di progetti tecnici di gestione di servizi, selezione ed organizzazione del personale.
Ha partecipato a numerosi progetti di ricerca-azione in collaborazione con Università ed Enti Locali.
Attualmente, opera come Educatrice professionale, è responsabile del Coordinamento dell’Asilo Nido “Maria Consolatrice” di Arezzo.
Si occupa di formazione ed educazione degli Adulti per conto di Agenzie formative del territorio.
Partecipa al Gruppo redazionale della rivista Medical Humanities & Medicina Narrativa - MHMN con particolare interesse verso i temi della formazione in ambito medico sanitario in ottica di Lifelong Learning.

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Di Elisa Canocchi

Biografia

Elisa Canocchi

Arezzo, 1979. Si è laureata in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Siena ed ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in “Qualità della formazione” presso l’Università degli Studi di Firenze. Ha lavorato come Progettista in ambito socio-sanitario-assistenziale ed educativo, occupandosi della stesura di progetti tecnici di gestione di servizi, selezione ed organizzazione del personale.
Ha partecipato a numerosi progetti di ricerca-azione in collaborazione con Università ed Enti Locali.
Attualmente, opera come Educatrice professionale, è responsabile del Coordinamento dell’Asilo Nido “Maria Consolatrice” di Arezzo.
Si occupa di formazione ed educazione degli Adulti per conto di Agenzie formative del territorio.
Partecipa al Gruppo redazionale della rivista Medical Humanities & Medicina Narrativa - MHMN con particolare interesse verso i temi della formazione in ambito medico sanitario in ottica di Lifelong Learning.

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