L’ontologia della conoscenza ordinaria (1) – Senso comune e conoscenza ordinaria

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L’ontologia della conoscenza ordinaria (1) – Senso comune e conoscenza ordinaria
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Redazione

Paolo Piccari è Professore Associato presso l’Università degli studi di Siena. Svolge la sua attività didattica nella sede di Arezzo occupandosi anche di filosofia del linguaggio e filosofia della mente. Proponiamo di seguito una sua pubblicazione accademica riguardante “la conoscenza ordinaria” che dividiamo in tre articoli per agevolare la lettura.

Pubblicato in Giornale di Metafisica, n.s., XXXV, 2013, pp. 355-371

La nozione di senso comune ha assunto nel corso dei secoli molteplici significati che sono forse sufficienti per comprendere la difficoltà nel definire, in ultima analisi, cosa essa significhi: da un lato, inteso come un patrimonio ampio e condiviso di idee, opinioni, modi di ragionare; dall’altro, considerato come un insieme di credenze condiviso da un determinato gruppo umano in un particolare periodo storico e culturale, il senso comune appare costantemente «divaricato fra un’esigenza di universalità e un destino di storicità»1.

Escludendo che il ‘senso comune’ possa essere considerato come un sistema di credenze interamente condiviso da tutti gli esseri umani − non essendovi credenze innate, ma soltanto credenze che si formano sulla base di informazioni derivanti dall’attività percettiva o sono acquisite attraverso l’apprendimento culturale − ritengo sia ragionevole definire il senso comune come un insieme di credenze (in costante e rapido mutamento) accettato da un gruppo umano in un dato momento storico. Tale insieme costituisce un sostrato cognitivo particolarmente utile per elaborare le informazioni percettive provenienti dal mondo esterno, che servono per costruire la propria Weltanschauung: «quella visione della realtà che ciascun essere umano possiede spontaneamente e che costituisce la base per il suo comportamento quotidiano e anche per un buon numero di scelte vitali e di attribuzioni di senso all’esistenza personale e collettiva»2. Ciascun individuo costruisce un sistema di credenze riguardo al proprio sé, agli altri individui e al mondo esterno in generale, che gli permette di interpretare la realtà in modo che essa diventi apparentemente prevedibile e sicura. Le azioni di ogni individuo, dunque, sarebbero guidate da sistemi di credenze (massime pratiche, opinioni, precetti religiosi, teorie pseudo-scientifiche, ecc.), che si rivelano da un lato istituzioni sociali, dall’altro un fatto strettamente personale. Tali credenze, che possono concernere anche ciò che gli individui credono riguardo all’organizzazione della conoscenza, alle fonti del sapere, al grado di verità delle informazioni e ai criteri di giustificazione delle asserzioni, sono coinvolte in molti degli accadimenti della vita quotidiana, influenzando il modo di pensare, ragionare, imparare, decidere degli esseri umani. È opportuno poi osservare che le credenze derivano in parte da credenze preesistenti attraverso processi inferenziali e in parte dall’elaborazione di specifici dati percettivi, dai quali scaturisce anche la conoscenza ordinaria, su cui tra poco ci soffermeremo.

Ogni credenza deve avere un contenuto proposizionale; può essere valutata come vera o falsa; e può essere considerata fondata (o giustificata) o infondata (o ingiustificata). Il contenuto proposizionale di una credenza, dunque, definisce com’è fatto il mondo secondo tale credenza; più precisamente, specifica una condizione di verità, cioè come il mondo dovrebbe essere fatto se la credenza risultasse vera. Pertanto la credenza secondo cui il Sole ruota attorno alla Terra è vera se e solo se il Sole ruota attorno alla Terra. Ne consegue che la credenza è vera se e solo se è un fatto che il Sole ruota attorno alla Terra; più in generale, si può affermare che la credenza di S che p è vera se e solo se p.

Le credenze di un gruppo umano possono essere considerate come unità costitutive del sistema di conoscenze che gli individui accettano e condividono in quanto patrimonio comune e che utilizzano per orientarsi nel loro ambiente, per stabilire un controllo adeguato su di esso, nonché per facilitare, consolidare o rompere le relazioni all’interno del gruppo cui appartengono. Le credenze condivise consentono la comprensione del mondo circostante, come pure l’interpretazione delle relazioni che intercorrono tra questo e gli individui che lo abitano. Con l’espressione ‘conoscenza ordinaria’ mi riferisco alla conoscenza biologica nell’ambito della specie umana, cioè a quel tipo di conoscenza che ha lo scopo di garantire la sopravvivenza degli organismi viventi, i quali, essendo eterotrofi, sopravvivono sfruttando le fonti energetiche presenti sulla Terra e cercando di evitare quei pericoli che potrebbero causare la loro scomparsa. Per realizzare questo scopo tutti gli esseri viventi hanno bisogno, in particolare, di conoscere l’ambiente in cui si trovano e di acquisire informazioni che consentano loro di adottare comportamenti finalizzati alla sopravvivenza3. Questo tipo di conoscenza è presente in ogni organismo, tendenzialmente anche in quelli privi di sistema nervoso: «tutti gli organismi

sono sistemi conoscitivi, e la vita stessa deve la sua esistenza e la sua conservazione a un processo conoscitivo»4.

Tale conoscenza, che si forma attraverso l’elaborazione di informazioni riguardanti il mondo esterno o il proprio corpo acquisite attraverso gli organi sensoriali o i recettori interni ed elaborate da specifiche strutture del SNC, negli esseri umani opera in modo analogo a quello di altre specie animali, anche se in Homo la conoscenza biologica diventa particolarmente articolata per la presenza della neocorteccia e per l’influenza della vita sociale e culturale in grado di generare strutture informative sovraindividuali. Ciò significa che, tranne in casi eccezionali, la conoscenza biologica negli esseri umani non è riducibile agli esiti dei processi sensoriali-percettivi.

La conoscenza biologica, infatti, nella specie umana si forma, da un lato, attraverso le informazioni raccolte dagli organi recettori; dall’altro, grazie a informazioni provenienti da diverse aree del SNC. Con la comparsa di una struttura straordinariamente complessa come la neocorteccia (l’ultima fase di un processo iniziato con l’evoluzione del SNC delle prime specie di mammiferi), i processi cognitivi degli esseri umani sono diventati sempre più sofisticati e, quindi, non sono descrivibili, nella quasi totalità dei casi, in termini puramente biologici.

Pertanto la conoscenza biologica negli esseri umani diventa conoscenza ordinaria, che è ben più sofisticata della mera ricezione di informazioni e della loro successiva elaborazione. In tal senso, per l’ampiezza della sua articolazione, la conoscenza ordinaria eccede, trascende quella biologica, benché al suo interno siano comunque presenti le informazioni derivanti dalle attività percettivo-sensoriali, che possono anche essere modificate dall’azione di altre informazioni provenienti da varie parti del SNC. Secondo tale prospettiva, la conoscenza ordinaria può essere considerata come il risultato sia di elementi informativi derivanti dall’attività sensorialepercettiva (la conoscenza biologica stricto sensu), sia di contenuti noetici propri di ciascuna mente. Essa è costituita di informazioni strutturate percettive e non percettive, che assolvono diverse funzioni e spesso si sovrappongono e si intrecciano secondo molteplici modalità che determinano la comparsa di strutture noetiche e semiotiche in grado di assumere diversi gradi di attendibilità e adeguatezza rispetto agli oggetti del mondo fenomenico. In questo senso, la conoscenza ordinaria, che è il risultato di ulteriori elaborazioni corticali e non corticali, costituisce una collezione di innumerevoli contenuti informativi i quali, da una parte, derivano dall’attività sensoriale-percettiva e, dall’altra, dal tessuto noetico di ogni mente e dalle informazioni acquisite attraverso le sovrastrutture proprie di ogni cultura umana.

La conoscenza ordinaria soltanto in alcuni casi si propone di fornire spiegazioni, che sono comunque formulate in modo approssimativo e senza un accurato controllo della loro ‘veridicità’. In effetti, si tratta generalmente di spiegazioni idiosincratiche o condivise solo da specifici gruppi sociali. Nella prospettiva della conoscenza ordinaria, infatti, non interessa conoscere le ragioni dell’accadere dei fenomeni, ma solo constatare che essi accadono in certe condizioni5.

La conoscenza ordinaria, dunque, è lo strumento cognitivo più utilizzato per l’interpretazione del mondo fenomenico: essa costituisce una trama cognitiva e valutativa, che “orienta” il nostro agire nella vita quotidiana. Tale forma di conoscenza consiste in un insieme di strutture noetiche, di competenze linguistiche, comunicative e rappresentazionali sul mondo e sui suoi aspetti (natura, società, interazioni sociali, relazioni personali) che non attingono, almeno in forma consapevole, da conoscenze formalizzate o specialistiche quali sono le conoscenze scientifiche. Nella conoscenza ordinaria poi confluisce una congerie di frammenti di diversi saperi, pratiche tradizionali, volgarizzazioni di conoscenze specialistiche. Tuttavia queste caratteristiche non identificano una forma di conoscenza qualitativamente inferiore o trascurabile; al contrario, si tratta di una forma di conoscenza molto importante, che costituisce la trama cognitiva e valutativa nella quale si inseriscono e retroagiscono le altre forme di conoscenza.

La conoscenza ordinaria, dunque, è il risultato degli stati e dei processi cognitivi coinvolti nel nostro agire quotidiano, cui corrispondono sistemi di credenze pre-scientifiche (credenze di fisica ingenua, di psicologia naïve, di biologia popolare, ecc.) più o meno articolati e coerenti relativi al mondo fenomenico. Sono del resto numerose le credenze pre-scientifiche cui ricorriamo nel nostro pensare e vivere quotidiani. Si prendano in considerazione, a titolo esemplificativo, le seguenti proposizioni, che esprimono credenze proprie del senso comune:

  1. Esistono altre menti oltre alla mia. Io non sono l’unico individuo dotato di una mente; esistono altri individui dotati di una mente, e in particolare sono tali tutti gli esseri umani.
  2. Esiste una realtà esterna, che è data indipendentemente dalle nostre rappresentazioni di essa.
  3. Esiste un ‘alto’ e un ‘basso’. Esiste cioè un orientamento che riguarda lo spazio in modo intrinseco.
  4. Normalmente un oggetto fisico non cessa di esistere anche se esce dal campo di azione dei nostri organi sensoriali6, 7.

Tali proposizioni si riferiscono a stati di cose talmente ovvi che appare superfluo prenderli in considerazione. Per tale ragione, è possibile affermare che essi fanno parte del nostro senso comune. In ogni caso, il fatto che una data credenza possa essere attribuita al senso comune e, quindi, in quanto tale, sia in un certo senso sempre condivisa da un gran numero di individui, non comporta che a un livello gnoseologico superiore non possa essere messa in discussione.

Nell’ambito della fisica, per esempio, non ha alcun fondamento scientifico l’enunciato (3), mentre gli enunciati (1) e (2) sono stati talvolta messi in dubbio nel corso della storia del pensiero: talune forme di idealismo, infatti, negherebbero l’esistenza di un mondo indipendente dalle nostre rappresentazioni, come pure un solipsista negherebbe l’esistenza di altre menti. In ogni caso, è interessante osservare che enunciati come quelli appena formulati, indipendentemente dalla loro verità o falsità, continuano a essere accettati implicitamente dagli esseri umani al livello della conoscenza ordinaria. Per esempio, benché siamo consapevoli che l’alto e il basso assoluti non esistono, quando ci muoviamo e agiamo quotidianamente nel mondo continuiamo a basarci su un’ingenua distinzione tra il ‘sopra’ e il ‘sotto’.

Quale rapporto si stabilisce tra la conoscenza ordinaria così intesa e il senso comune? Si può rispondere affermando che il senso comune non solo è in grado di influenzare la conoscenza ordinaria, ma “partecipa” in misura rilevante alla sua formazione. In quanto insieme di credenze, atteggiamenti mentali,  concezioni e valori propri di un gruppo umano in un dato momento storico, il senso comune, senza negare i risultati sensoriali e percettivi, contribuisce costantemente alla formulazione e revisione della conoscenza ordinaria (risultante da ulteriori elaborazioni corticali e non corticali) attraverso il contributo noetico di ciascuna mente e la funzione ordinatrice e regolatrice esercitata dalle sovrastrutture che contraddistinguono le differenti culture umane.

LEtture:

  1. L. Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano 1971.
  2. E. Agazzi, Introduzione a Id. (a cura di), Valori e limiti del senso comune, Franco Angeli, Milano 2004.
  3. M.L. Bianca, Rappresentazioni mentali e conoscenza. Un modello teorico-formale delle rappresentazioni mentali, Franco Angeli, Milano 2005.
  4. C. Cellucci, Perché ancora la filosofia, Laterza, Roma-Bari 2008.
  5. M.L. Bianca, Capire la scienza, Le Monnier, Firenze 1990.
  6. M. Frixione, Il ruolo del senso comune
  7. M. Besio (a cura di), Il vino del mare, Marsilio, Venezia 2002.

Autore

Paolo Piccari

Roma, 1967. È professore associato nell'Università di Siena. Nel 2017 ha conseguito l'abilitazione a professore ordinario. Insegna Filosofia teoretica, Teoria dell’Argomentazione ed Etica e sostenibilità delle organizzazioni. Dirige (con Mariano Bianca) la collana «Oltre/Orizzonti di teoresi filosofica» (Mimesis) e le riviste «Anthropology & Philosophy» e «Arkete». È stato visiting scholar presso la Faculty of Philosophy della University of Oxford. Socio della SIFiT (Società Italiana di Filosofia Teoretica) e responsabile dell’Osservatorio Ethos - Etica pubblica, bioetica e responsabilità sociale, è membro del Presidio della Qualità dell'Università di Siena e del Comitato scientifico dell'Osservatorio Ethos della Luiss Business School. Tra le sue ultime pubblicazioni: Pensiero e realtà. Saggi filosofici (Mimesis 2018); Why Does What Exists Exist? Some Hypotheses on the Ultimate
"Why" Question? (ed. con M. Bianca, Cambridge Scholars 2021).

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Di Paolo Piccari

Biografia

Paolo Piccari

Roma, 1967. È professore associato nell'Università di Siena. Nel 2017 ha conseguito l'abilitazione a professore ordinario. Insegna Filosofia teoretica, Teoria dell’Argomentazione ed Etica e sostenibilità delle organizzazioni. Dirige (con Mariano Bianca) la collana «Oltre/Orizzonti di teoresi filosofica» (Mimesis) e le riviste «Anthropology & Philosophy» e «Arkete». È stato visiting scholar presso la Faculty of Philosophy della University of Oxford. Socio della SIFiT (Società Italiana di Filosofia Teoretica) e responsabile dell’Osservatorio Ethos - Etica pubblica, bioetica e responsabilità sociale, è membro del Presidio della Qualità dell'Università di Siena e del Comitato scientifico dell'Osservatorio Ethos della Luiss Business School. Tra le sue ultime pubblicazioni: Pensiero e realtà. Saggi filosofici (Mimesis 2018); Why Does What Exists Exist? Some Hypotheses on the Ultimate
"Why" Question? (ed. con M. Bianca, Cambridge Scholars 2021).

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